PREMESSA
a lato, il catalogo con immagine di Arianna
La mostra dello scultore Italo Lanfredini presenta alcune opere-chiave
che giudichiamo capisaldi del suo lungo lavoro di ricerca, sia
per quanto riguarda le fondamentali coordinate della sua poetica
che i momenti decisivi nell'evoluzione del suo fare scultura.
L'esposizione non è dunque nè una personale di opere recenti,
nè un'antologica che rispetti una rigorosa cronologia e sia esaustiva
di tutto il suo lavoro, al contrario, ne ritaglia un percorso
diremmo circolare nella valenza critica interna, ma che mantiene
il carattere aperto di una guida-traccia, di una porta che si
affaccia appena sulla complessità del suo mondo poetico, puntando
in particolar modo ad evidenziare le valenze progettuali del lavoro
dai bozzetti, ai disegni, agli scritti dello stesso artista. In
particolare si tratta di una vera e propria anatomia delle grandi
opere che stanno tra scultura e architettura del luogo e dell'ambiente
naturale e rurale: il labirinto, intitolato "Arianna", dal percorso
di un chilometro su mille e trecento metri quadri di estensione,
costruito sulla collina nei pressi di Castel di Lucio di Messina
in Sicilia, opera con cui ha vinto il premio internazionale di
scultura "Fiumara d'Arte" nel 1988, il "Giardino delle Forze Rigeneratrici"
di Pradello di Villimpenta di Mantova e il lavoro progettato ed
in corso di realizzazione nella campagna mantovana presso la sua
casa-studio "La Silenziosa" alle Basse di Commessaggio. Queste
vere e proprie costruzioni di luoghi sono documentate da disegni
tecnici e non, dall'iter progettuale descritto dallo stesso autore,
da fotografie e da video. Ci si è soffermati su queste opere,
in particolare, non solo perché logisticamente di più difficile
visione ma soprattutto perché le consideriamo il punto più alto
del suo lavoro e il raggiungimento di un apice di maggior valenza
rivoluzionaria nella concezione e traduzione operativa della sua
opera scultorea. Le piccole sculture poi, presenti in mostra,
nonostante abbiano una loro autonoma valenza, si connotano soprattutto
come progetti plastici destinati ad una realizzazione in grande
scala, possedendo infatti tutte le potenzialità di tradursi in
grandi sculture-luoghi come quelle già sopra menzionate. Altre
opere di grandi dimensioni come le Soglie, i Nidi, il Grembo del
seme, la Foresta Impugnabile, vogliono poi rappresentare un esempio
concreto di lettura dello stesso luogo espositivo come fondamentali
figure del suo immaginario, del suo mondo poetico e archetipico.
Infatti, per dove sono collocate, in sintonia con gli spazi esistenti,
ne interpretano, o meglio ne svelano valenze di senso nascoste
esattamente come viceversa i luoghi rafforzano i significati delle
opere stesse. Nella mostra viene poi data testimonianza di come
l'opera di Lanfredini, oggi soprattutto, si connoti come luogo
di incontro, di scambio aperto alla relazione con il lavoro di
altri artisti, anche di altre discipline e settori, invitati ad
intervenire, a proseguire il suo lavoro in un processo di trasformazione
interpretativa affidata ad altri linguaggi, come ad esempio quello
poetico. Del resto la poesia, come natura intrinseca del suo lavoro,
è spesso chiamata a correlarsi, a relazionarsi strettamente alla
sua scultura, ora sotto forma di momenti di lettura, o con interventi
che diventano parte integrante e necessaria dei suoi lavori, come
già è avvenuto in opere-evento come la "Culla del vento" o il
"Muro del canto". In questa occasione testimoniano la loro consonanza
con l'opera di Lanfredini i poeti: Milo De Angelis, Alberto Cappi,
Plinio Acquabona, con loro poesie inserite in catalogo oltre a
quella dell'amico poeta Umberto Bellintani di recente scomparso.
Ma anche il linguaggio fotografico si è relazionato al suo lavoro
ed è presente con la fotografia del labirinto scattata in Sicilia
da Giovanni Chiaramonte e pubblicata nel 1993 nel suo libro fotografico
"Penisola delle figure". L'illustre fotografo, vicino per certe
comuni tematiche, interviene anche in catalogo a sottolineare
sotterranee affinità di sentire. Non mancano inoltre rapporti
con il linguaggio filmico. Sarà in visione anche il breve film,
girato dal regista Raul Ruiz, ove il particolare racconto, sorta
di viaggio iniziatico del protagonista, è in gran parte ambientato
nel labirinto siciliano di Lanfredini. Infine, un giovane artista
scenografo, allievo dell'Accademia di Brera, Paolo Cavinato, con
il suo video non documenta ma reinterpreta attraverso il linguaggio
del mezzo la tematica del viaggio, a lui congeniale, con le immagini
dei labirinti verticali ed orizzontali dello scultore. Un'altra
delle sue opere-evento legata al concetto dell'offerta ad altri
artisti del proprio lavoro come invito a proseguirlo, è il grande
nido con le teste-uovo-sorpresa "Grembo del seme". Proprio in
questa occasione verranno resi noti i nomi di dieci dei dodici
artisti che rispondendo alla richiesta di Italo Lanfredini hanno
creato piccole opere che costituiscono il contenuto segreto di
altrettante uova d'argilla della grande installazione realizzata
nel sotterraneo del convento.
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SCULTURA DEI LUOGHI COME LUOGHI DELLA SCULTURA
Coniugando specificità e complessità le sue diventano opere-luoghi
da vivere, offerte e date agli altri perché ne siano mosse le
coscienze, sollevati i veli dell'immaginario e delle memorie profonde
e sepolte, fatti rivivere stupori arcaici, emozioni primigenie,
attivate energie interiori e della mente. La sua scultura da oggetto
praticabile, fattasi progetto spaziale, può ora andare oltre la
sua compiutezza, perché si porge all'eplorazione e all'uso degli
altri ed invita ad una fruizione partecipata ed attiva. Lanfredini
più che rappresentare concetti, crea situazioni che dovrebbero
influire come esperienza conoscitiva e di crescita interiore,
stimolando i percorsi sotterranei della mente e dello spirito.
Quello che Lanfredini ha chiamato " Il muro del canto", muro
di cinta della sua casa-studio, è soglia, segno di un incontro
tra dentro e fuori, interno ed esterno. Esso si apre e si svela
in questa duplicità attraverso la poesia e i suoi rituali, la
poesia essa stessa simbolo per eccellenza che nasconde e che svela.
Le formelle incise con i versi dei poeti, inserite nel muro, sono
rivolte all'esterno, offerte alla lettura di chi voglia fermare
il passo e raccogliere l'invito e il primo dono che l'artista
ospite porge all'ospitato. Così nell'opera-progetto, intitolata
"Occhio-Specchio del cielo" che è in corso di realizzazione, l'ingresso
posteriore della sua casa diventa scena di un teatro all'aperto,
teatro della vita che si apre allo spettacolo della natura, in
cui l'orchestra e cavea tracciano un grande occhio-fontana che,
insieme ai molteplici significati cui si lega, qui suggerisce
primariamente il rapporto tra terrestre e celeste; integrato al
terreno, esso guarda il cielo, ma al tempo stesso, è veramente
percepibile solo dall'alto in una prospettiva rovesciata che dal
cielo guarda la terra come negli estesi tracciati-figure delle
antiche civiltà precolombiane. E' così che l'esperienza dell'arte
e il suo sapere "desituato rispetto al sapere comunemente inteso"
trova il luogo della sua comunicazione in un'esperienza aperta
di eventi e di accadimenti. L'artista esce dal suo "narcisismo",
offre la sua creativa soggettività al confronto e alla condivisione
con gli altri. Anche uno dei suoi ultimi lavori è sorretto dall'idea
forte di porgere se stesso, il proprio essere artista quasi come
dono sacrificale. Nella "Foresta Impugnabile", opera del 1998-99,
Lanfredini segna una sorta di cammino, di percorso con colonne
in terracotta, ad altezza d'uomo, che terminano con le impronte
delle proprie mani affondate nella creta che, assumendo le forme
di un immaginario prefigurale, rivelano una sorta di fenomenologia
presimbolica dell'inconscio che richiama la via di una connessione
immediata di sensibile e psichico come si era espressa, ad esempio,
nell'opera di Mirò. Il linguaggio preiconografico delle sue impronte
sono infatti l'espressione di gesti primari che sembrano chiudere
un cerchio, stare ad una fine che è anche inizio e ricominciamento
di un percorso che, partito con la ricerca dell'elemento dell'origine,
del principio organico formativo della materia e passando attraverso
le figure di una mitologia del primario e del duplice, arriva
di nuovo ad indicare, nel recupero di un'identità che è corporeità,
rispecchiamento di sé nella coscienza, i gesti originari del plasmare
come estensione del pensiero. Nelle presenze-assenze delle impronte
delle mani, in quelle tracce, l'artista indica di nuovo se stesso
e nello stesso tempo anche il senso profondo dell'operare artistico.
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FORME RICREATIVE
Il tema affrontato da Italo con le sue opere artistiche, che diventano
luoghi coi quali anche l'autore stesso interagisce, é quello centrale
della vita, plasmata e plasmante a sua volta. Un modo per dare
un significato alla presenza umana, sentirsi attivi nei "luoghi
come sculture". Ti senti come su un trampolino di lancio che proietta
improvvisamente la tua mente verso orizzonti inesplorati da lungo
tempo, acquisendo esperienze nuove fino a che non ti senti amalgamato
con il luogo.
Il pensiero nascosto nelle uova, é un eccellente artifizio per
renderci conto, e trasmetterci, che tutto ciò che stiamo pensando
in conseguenza all'esperienza del vivere i "luoghi come sculture",
diventa un regalo dell'autore dell'opera.
Davanti alle installazioni, ci si riscopre a pensare e soprattutto
a recuperare concetti fondamentali. I miliardi di persone esistenti
sulla terra, vivono grazie ad un sistema socio-tecnologico estremamente
diverso da quell'esistente 10.000 anni fa, che purtroppo ci allontana
dalla natura e a volte anche dai nostri simili, allora le opere
di Italo che sono un luogo come scultura, l'arte che si fa natura,
sembrano avvicinarci un po' a queste cose che stiamo perdendo,
ci rendono la natura più amichevole, produciamo pensieri sulla
vita in un insieme corroborante per la mente e riequilibratore.
Questi pensieri ci confermano che siamo ancora quelli di 10.000
anni fa, ma con la mente troppo impegnata a confrontarsi con la
cultura del momento se non del luogo, perdendo di vista troppo
facilmente concetti ricreativi che esprimono ai più alti livelli
la nostra vita.
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